Gestione degli pneumatici fuori uso: una responsabilità da ripensare
Negli ultimi 5 anni più di 100 mila tonnellate di pneumatici fuori uso sono finite nei centri di raccolta comunali e gestite fuori del perimetro della responsabilità estesa del produttore.
La gestione del fine vita degli pneumatici o PFU è in crisi da tempo. I gommisti, ultimo anello della catena che dal produttore arriva agli automobilisti che sostituiscono gli pneumatici, da diversi anni sono costretti a convivere con accumuli di PFU presso i propri magazzini, mentre Comuni e gestori della raccolta dei rifiuti si trovano a fare da paracadute a un rifiuto, appunto lo pneumatico fuori uso, che ai sensi della normativa ambientale è classificato come rifiuto speciale, ergo originato esclusivamente da attività produttive, che dovrebbe essere di responsabilità del produttore e che invece finisce nel perimetro del servizio pubblico. La normativa che regola la responsabilita’ estesa del produttore per i pneumatici fuori uso è l’art. 228 del d.lgs. 152/2006, le cui disposizioni sono state attuate con il D.M. 19 novembre 2019, n.182.
È sempre più frequente trovare cumuli di PFU presso i centri di raccolta comunale: nel solo 2021 ne sono stati conteggiati circa 18 mila tonnellate, più di 100 mila tonnellate negli ultimi 5 anni, con costi che vanno a gravare sulla tariffa rifiuti e, quindi, in ultima analisi sui cittadini.
Ricordiamo che per alleviare la crisi degli accumuli presso i gommisti, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (MASE) ha più volte stabilito un invito alla raccolta e gestione di quantità aggiuntive di PFU incrementando gli obiettivi a carico dei consorzi EPR e dei sistemi individuali (con immesso superiore alle 200 tonnellate) tra il +15 e il +20%.
Per comprendere le ragioni di queste difficoltà il think tank di REF Ricerche ha realizzato un Position Paper dal titolo “Il fine vita degli pneumatici: una responsabilità del produttore da ripensare”, presentato durante Ecomondo 2024 nel corso di un convegno ospitato nello stand di Utilitalia.
“Negli ultimi 5 anni più di 100 mila tonnellate di pneumatici fuori uso sono stati conferiti nei centri di raccolta comunale. Questa è una anomalia perché la responsabilità di gestire il fine vita degli pneumatici è dei produttori. In questo modo si scaricano i costi sugli operatori della filiera, sui Comuni e in ultima analisi sui cittadini, chiamati a sostenere due volte i costi di gestione, come acquirenti dello pneumatico e nella tariffa del servizio pubblico di gestione dei rifiuti”, ha commentato Donato Berardi, direttore del think tank di REF Ricerche.
“Considerando che il costo medio per il ritiro dei PFU dai centri di raccolta si aggira intorno a 190 euro a tonnellata – ha spiegato il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – ciò significa che, solo negli ultimi 6 anni, circa 19 milioni di euro di costi di gestione dei PFU sono stati sostenuti dalla TARI. Quindi dalla collettività invece che dai sistemi collettivi di responsabilità estesa del produttore che, è bene evidenziarlo, hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale per la corretta gestione di questo rifiuto. Ma è evidente che questa stortura vada in qualche modo risolta”.
Il modello di gestione del fine vita degli pneumatici fuori uso (PFU), introdotto nel 2011 (DM 82) secondo il principio “chi-inquina-paga”, presenta diverse criticità nonostante i risultati iniziali positivi, come la riduzione dell’abbandono nell’ambiente e l’incentivo al riciclo.
Le criticità principali sono:
- Commercio elettronico: Le vendite online di pneumatici spesso sfuggono al pagamento del contributo ambientale, rendendo più difficile stabilire target di raccolta realistici e generare risorse adeguate per la gestione dei PFU.
- Pratiche commerciali scorrette: Alcuni produttori e importatori favoriscono ritiri di PFU solo presso officine che acquistano i loro pneumatici, limitando la concorrenza tra i gestori e violando il principio di equità.
- Contributo ambientale inefficace: L'attuale metodo di calcolo del contributo incentiva il recupero energetico, più economico ma meno sostenibile rispetto al riciclo. Oltre il 50% dei PFU viene destinato al recupero energetico, con scarse informazioni sui risultati dei gestori individuali.
- Disallineamento dei target: Gli obiettivi di raccolta si basano sulle vendite dell’anno precedente, generando squilibri economici tra costi e ricavi per gli operatori, soprattutto in caso di variazioni significative nelle vendite.
Il Paper del Laboratorio Ref Ricerche indica alcune proposte per migliorare la gestione e il corretto riciclaggio dei pneumatici fuori uso:
- Maggiore controllo sulle vendite online per garantire il pagamento del contributo ambientale.
- Ridefinire i criteri di calcolo del contributo per favorire il riciclo e la prevenzione.
- Allineare meglio i target di raccolta alle vendite effettive per evitare incoerenze finanziarie.