Eco-sistemi, la startup che depura con i tappi in plastica riciclati
Il depuratore ecosostenibile? Altro che hi-tech, funziona con tappi di plastica riciclati.
L’idea messa a punto nei laboratori dell’Università di Pavia e diventata impresa in Trentino, è geniale, economica ed ecologica: utilizzare banalissimi tappi di plastica riciclati al posto di costosi dispositivi prestampati, dove far crescere le colonie batteriche che, mangiandosi “lo sporco”, rendono possibile la depurazione.
Eco-Sistemi ha da poco installato il prototipo del sistema di depurazione delle acque che utilizza tappi di plastica presso il depuratore di Rovereto e ha venduto la prima macchina al birrificio Hordeum di Novara. Con risultati sorprendenti: rispetto ai sistemi di depurazione tradizionali il costo d’acquisto dell’impianto è ridotto del 20%, consumi elettrici giù del 90.
Nel birrificio agricolo Hordeum di Novara, la startup ha installato un sistema di piccole dimensioni che rimuove il carbonio e l’azoto contenuti negli scarti di lavorazione della birra, tra i principali elementi inquinanti. La “macchina” si chiama RCBR, sigla che sta per “Rotating Cell Biofilm Reactor”, e tratta 5,5 metri cubi di refluo al giorno, corrispondente ad un carico inquinante di un piccolo paese con 300 abitanti.
«Per il sistema del birrificio abbiamo acquistato 430 chilogrammi di tappi, che per forma e materiale sono perfetti come carrier per i batteri. Li acquistiamo da onlus come Trentino Solidale, sostenendo così indirettamente persone disagiate ed anziani, aiutando l’ambiente e il sociale», sottolinea Dario Savini, amministratore delegato di Eco-Sistemi.
I tappi di plastica sono contenuti in un cestello in acciaio inox che ruota lentamente all’interno di una vasca dove vengono fatte confluire le acque sporche da depurare. Ruotando nell’acqua sporca i tappi sviluppano una pellicola batterica, comunità di micro-organismi che rimuovono il carbonio organico ossidando l’ammoniaca a nitrati.
I dati del monitoraggio che arrivano dall’impianto di Novara sono ottimi. «Abbiamo registrato consumi molto limitati, pari a 1,2-1,5 kWh – spiega Savini – equivalenti a circa un decimo dei consumi di un impianto tradizionale, in linea con quanto riscontrato con il prototipo di Rovereto».
La formazione del biofilm batterico avviene in solo una settimana di tempo e dopo tre settimane vengono abbattuti i valori della sostanza organica, dei solidi sospesi, dell’azoto nelle sue varie forme e del fosforo e le acque reflue rientrano nei parametri di legge e possono essere rilasciate negli scarichi.
Anche l’impatto paesaggistico è limitato: mentre i depuratori tradizionali arrivano ad occupare una superficie di circa 20-25 metri quadrati, la macchina messa a punto da Eco-Sistemi misura 3,30 metri di lunghezza per 1,30 di larghezza. Eco-Sistemi, startup tecnologica sostenuta grazie al fondo Seed Money - finanziato da Provincia autonoma di Trento e Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale (Fesr) - è composta da quattro soci, due biologi, un chimico e un impiantista: Sergio Modenense (presidente), Dario Savini (amministratore delegato), Anna Occhipinti (consigliera) e Aniello Esposito (responsabile di produzione). Oltre ai quattro soci fondatori dà lavoro ad altri due giovani ingegneri chimici.
«Con il finanziamento del Seed Money – spiega Savini – abbiamo realizzato il prototipo, registrato i brevetti e ci siamo affidati ad un'agenzia di marketing che ci sta aiutando nel definire la strategia di vendita, nella realizzazione del sito web e di altro materiale promozionale».
di Laura Veneri