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Multa da 20 milioni di euro all'Italia per i rifiuti della Campania

Multa da 20 milioni di euro all'Italia per i rifiuti della Campania

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea aveva già constatato una prima volta l’inadempimento dell’Italia in una sentenza del 2010. A causa dell’inesatta applicazione della direttiva "rifiuti" in Campania, l’Italia è condannata a pagare una somma forfettaria di 20 milioni Euro ed una penalità di 120.000 Euro per ciascun giorno di ritardo

La direttiva relativa ai rifiuti ha l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente. Gli Stati membri hanno il compito di assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti, nonché di limitare la loro produzione, in particolare promuovendo tecnologie pulite e prodotti riciclabili e riutilizzabili. Essi devono in tal modo creare una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento, che consenta all’Unione nel suo insieme e ai singoli Stati membri di garantire lo smaltimento dei rifiuti. L’Italia ha trasposto la direttiva «rifiuti» nel 2006 e, per quanto riguarda la regione Campania, una legge regionale ha definito 18 zone territoriali omogenee in cui si doveva procedere alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti urbani prodotti nei rispettivi bacini. In seguito ad una situazione di crisi nello smaltimento dei rifiuti manifestatasi nella regione Campania nel 2007, la Commissione ha proposto un ricorso per inadempimento contro l’Italia, imputandole la mancata creazione, in quella regione, di una rete integrata ed adeguata di impianti atta a garantire l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio della prossimità geografica. La Commissione riteneva infatti che tale situazione rappresentasse un pericolo per la salute umana e per l’ambiente. Con una sentenza del 4 marzo 2010, la Corte ha constatato che l’Italia, non avendo adottato, per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti fossero recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza recare pregiudizio all’ambiente e, in particolare, non avendo creato una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 2006/12. Nell’ambito del controllo dell’esecuzione della sentenza della Corte, la Commissione è giunta alla conclusione che l’Italia non ha garantito un’attuazione corretta della prima sentenza. La Commissione riferisce che tra il 2010 e il 2011 sono stati segnalati più volte problemi di raccolta dei rifiuti in Campania, che si sono conclusi con l’accumulo per diversi giorni di tonnellate di rifiuti nelle strade di Napoli e di altre città della Campania. Inoltre, in detta regione si è accumulata una grande quantità di rifiuti storici (sei milioni di tonnellate di «ecoballe»), che deve ancora essere smaltita, il che richiederà verosimilmente un periodo di circa quindici anni. Inoltre, la Commissione stima che, alla scadenza del termine impartito per l’esecuzione della sentenza (15 gennaio 2012), le capacità mancanti di trattamento dei rifiuti per categoria di impianti ammontavano a 1 829 000 tonnellate per le discariche, a 1 190 000 tonnellate per gli impianti di termovalorizzazione e a 382 500 tonnellate per gli impianti di trattamento dei rifiuti organici. Allo stesso modo, persistevano carenze strutturali in termini di impianti di smaltimento dei rifiuti, indispensabili nella regione Campania. Pertanto, ritenendo non soddisfacente la situazione, la Commissione ha proposto un nuovo ricorso per inadempimento contro l’Italia, chiedendo alla Corte di constatare il mancato rispetto della sua prima sentenza del 2010. Nell’ambito di questo nuovo ricorso per inadempimento, la Commissione chiede che la Corte condanni l’Italia a pagare una somma forfettaria giornaliera di EUR 28 089,60 per il periodo compreso tra la sentenza del 2010 e la sentenza odierna, nonché una penalità, eventualmente a carattere degressivo, di EUR 256 819,20 per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della sentenza del 2010, a partire dalla sentenza odierna. Nella sua sentenza odierna, la Corte constata che l’Italia non ha correttamente eseguito la sentenza del 2010 e la condanna a pagare, da un lato, una penalità di EUR 120 000 per ciascun giorno di ritardo nell’attuazione della sentenza del 2010 (penalità dovuta a far data da oggi) e, dall’altro, una somma forfettaria di EUR 20 milioni. La Corte convalida gli argomenti della Commissione, in particolare per quanto riguarda il problema dell’eliminazione delle «ecoballe» e il numero insufficiente di impianti aventi la capacità necessaria per il trattamento dei rifiuti urbani nella regione Campania. La Corte sottolinea inoltre che, tenuto conto delle notevoli carenze nella capacità della regione Campania di smaltire i propri rifiuti, è possibile dedurre che una siffatta grave insufficienza a livello regionale può compromettere la rete nazionale di impianti di smaltimento dei rifiuti, la quale cesserà così di presentare il carattere integrato e adeguato richiesto dalla direttiva. Ciò può compromettere seriamente la capacità dell’Italia di perseguire l’obiettivo dell’autosufficienza nazionale nello smaltimento dei rifiuti. La Corte constata poi che l’inadempimento addebitato all’Italia si è protratto per più di cinque anni, il che costituisce un periodo considerevole. Poiché dunque l’Italia non ha attuato correttamente la sentenza del 2010, la Corte decide di infliggerle una penalità giornaliera e una somma forfettaria, in quanto dette sanzioni finanziarie costituiscono un mezzo appropriato al fine di garantire l’esecuzione integrale della prima sentenza. Per quanto riguarda la penalità giornaliera di EUR 120 000, questa è suddivisa in tre parti, ciascuna di un importo giornaliero di EUR 40 000, calcolate per categoria di impianti (discariche, termovalorizzatori e impianti di trattamento dei rifiuti organici). Quanto alla somma forfettaria di EUR 20 milioni, la Corte tiene conto, ai fini del calcolo della stessa, del fatto che un inadempimento dell’Italia in materia di rifiuti è stato constatato in più di 20 cause portate dinanzi alla Corte. Orbene, una simile reiterazione di condotte costituenti infrazione da parte di uno Stato membro in un settore specifico dell’azione dell’Unione può richiedere l’adozione di una misura dissuasiva, come la condanna al pagamento di una somma forfettaria.


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