Acque reflue: la Commissione Europea chiede multa da 62,7 milioni di euro all'Italia
La Commissione deferisce nuovamente l'Italia alla Corte di giustizia e propone sanzioni.
La Commissione europea deferisce nuovamente l'Italia alla Corte di giustizia dell'UE per la mancata esecuzione della sentenza della Corte del 2012. Le autorità italiane devono ancora garantire che le acque reflue urbane vengano adeguatamente raccolte e trattate in 80 agglomerati del paese, dei 109 oggetto della prima sentenza, al fine di evitare gravi rischi per la salute umana e l'ambiente.
Il 19 luglio 2012 la Corte di giustizia dell'UE aveva statuito (causa C-565/10) che le autorità italiane violavano il diritto dell'UE (direttiva 91/271/CEE del Consiglio) poiché non provvedevano in modo adeguato alla raccolta e al trattamento delle acque reflue urbane di 109 agglomerati (città, centri urbani, insediamenti).
A distanza di quattro anni la questione non è ancora stata affrontata in 80 agglomerati, che contano oltre 6 milioni di abitanti e sono situati in diverse regioni italiane: Abruzzo (1 agglomerato), Calabria (13 agglomerati), Campania (7 agglomerati), Friuli Venezia Giulia (2 agglomerati), Liguria (3 agglomerati), Puglia (3 agglomerati) e Sicilia (51 agglomerati). La mancanza di adeguati sistemi di raccolta e trattamento in questi 80 agglomerati pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l'ambiente marino.
La Commissione ha chiesto alla Corte di giustizia dell'UE di comminare una sanzione forfettaria di 62 699 421,40 euro. La Commissione propone inoltre una sanzione giornaliera pari a 346 922,40 euro qualora la piena conformità non sia raggiunta entro la data in cui la Corte emette la sentenza. La decisione finale in merito alle sanzioni spetta alla Corte di giustizia dell'UE.
Garantire che tutte le aree urbane dispongano di strutture per il trattamento delle acque reflue correttamente funzionanti può comportare considerevoli vantaggi per i cittadini dell'UE, poiché le acque non trattate pongono notevoli rischi per la salute umana e l'ambiente.
Contesto
Secondo quanto previsto dalla direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE del Consiglio), gli Stati membri sono tenuti ad assicurarsi che gli agglomerati (città, centri urbani, insediamenti) raccolgano e trattino in modo adeguato le proprie acque reflue urbane. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri e virus nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica. Contengono, tra l'altro, nutrienti, come l'azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l'ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita, processo conosciuto come eutrofizzazione.
Ai sensi della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, le città e i centri urbani con un numero di abitanti equivalenti superiore a 15 000 che scaricano le acque reflue urbane in acque recipienti non considerate aree sensibili erano tenuti a dotarsi di sistemi per la raccolta e il trattamento delle acque reflue entro il 31 dicembre 2000. Ne consegue che gli Stati membri devono assicurare che le acque reflue urbane vengano opportunamente raccolte e trattate prima che siano scaricate nell'ambiente.
A norma dell'articolo 260 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), se uno Stato membro non ha adottato le misure necessarie per conformarsi ad una sentenza della Corte di giustizia, la Commissione può adire la Corte di giustizia. La decisione relativa a un secondo deferimento alla Corte di giustizia sulla base dell'articolo 260 del TFUE deve sempre essere corredata di una proposta di sanzione e/o somma forfettaria. Il calcolo della sanzione da versare prende in considerazione la gravità dell'infrazione, tenuto conto dell'importanza delle norme violate e degli effetti di tale violazione sugli interessi generali e particolari, della sua durata e della grandezza dello Stato membro, al fine di garantirne l'effetto dissuasivo. Le sentenze della Corte sono vincolanti per tutti gli Stati membri dell'UE, nonché per le stesse istituzioni dell'UE.
Pertanto, il secondo deferimento alla Corte è necessario per garantire l'osservanza delle disposizioni in questi 80 agglomerati restanti, vista l'estrema lentezza dei progressi compiuti e la ripetuta inosservanza dei termini preventivamente annunciati. Altri Stati membri (Belgio, Grecia, Lussemburgo e Portogallo) sono già stati oggetto di sanzioni pecuniarie in casi analoghi, mentre la Spagna è stata nuovamente deferita alla Corte di Giustizia e potrebbe subire sanzioni.