Biometano, un'opportunità da sfruttare
Il biometano è la nuova frontiera per l'economia circolare in Italia e la lotta ai cambiamenti climatici. Urgente completare il quadro normativo per produrre 8,5 miliardi di metri cubi di biometano e 12mila posti di lavoro.
Il biometano “fatto bene”, prodotto nel rispetto della biodiversità e dell’uso dei suoli agricoli, può rivestire un ruolo fondamentale nella strategia energetica del nostro Paese e sul fronte della lotta al mutamento climatico. È una grande opportunità per rendere più sostenibile il consumo di energia domestica e industriale ma anche la mobilità, per ridurre l’inquinamento atmosferico e migliorare la gestione dei rifiuti.
Per approfondire le prospettive e le opportunità dello sviluppo di quello che l’articolo 2 del decreto legislativo 28/2011 definisce come quel “gas ottenuto a partire da fonti rinnovabili avente caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano e idoneo all’immissione nella rete del gas naturale”, Legambiente ha organizzato a Bologna una giornata di lavori, realizzata con il patrocinio della Regione Emilia Romagna.
L’Emilia-Romagna attualmente produce circa il 16% del biogas italiano (dalla sua “purificazione” si ottiene, appunto, il biometano), seconda solo alla Lombardia.
Le potenzialità del biometano in Emilia-Romagna sono molto interessanti: dalle biomasse di scarto si possono ottenere tra i 300 e i 350 milioni di metri cubi all’anno, che in termini energetici significa una potenza elettrica di 150 megawatt.
Per questo motivi la Regione (Energia ed Economia verde) ha cofinanziato il progetto europeo BioMethER. L’attività principale consiste nella realizzazione di due impianti dimostrativi per l’immissione in rete presso la discarica di Ravenna e a Roncocesi (Re) presso l’impianto di depurazione.
Legambiente è tra i sostenitori e sottoscrittori della Piattaforma Biometano, promossa dal Consorzio Italiano Biogas per sottolineare non solo l’importanza energetica di questa risorsa, ma anche il suo importante contributo in diversi settori apparentemente lontani tra loro, con benefici ambientali e socio economici. Stando alle stime del CIB, per esempio, lo sblocco del biometano porterebbe alla nascita di 12mila nuovi posti di lavoro solo nel settore del trattamento rifiuti, gestione discariche e il ciclo degli impianti agro industriali.
La produzione del biometano può avvenire nel rispetto della biodiversità e della funzione di stoccaggio del carbonio svolta da foreste e dai terreni coltivati; si ottiene sia dagli scarti di biomasse di origine agricola che si rinnovano nel tempo e che nel loro ciclo di vita hanno incorporato il carbonio presente nell'atmosfera, sia dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani derivante da raccolta differenziata.
Il suo consumo avviene quasi senza ulteriori emissioni climalteranti. Chimicamente uguale al metano fossile (o gas naturale) è utilizzabile in miscela o in sostituzione del gas e può quindi essere distribuito nei metanodotti e in città.
Oggi gli impianti a biometano nel nostro Paese sono soltanto 7, di cui 6 a scopo dimostrativo. Eppure il potenziale producibile al 2030 potrebbe raggiungere gli 8,5 miliardi di metri cubi (di cui 0,5 da rifiuti - escluso il potenziale da discarica difficile da stimare - e il resto da agricoltura).
Va sottolineato che il parco veicoli italiano a metano è il primo in Europa, composto da poco meno di un milione di veicoli tra autobus, autocarri per trasporto merci, autoveicoli e autovetture, trattori stradali e motrici.