La crisi ormai è alle spalle: torna a crescere la produzione dei rifiuti
Il quantitativo di rifiuti che produciamo è indicativo anche della salute della nostra economia. Nel 2016, dopo cinque anni di progressiva riduzione, è tornata a crescere in Italia la produzione nazionale di rifiuti urbani.
Il dato è in linea con l’andamento degli indicatori soci-economici, sia nella spesa per consumi finali (+1,5%) sia del Pil (tra +1,7% e +0,9%). Raddoppiata in dieci anni la raccolta differenziata in Italia: dal 25,8% del 2006 si è passati al 52,5% nel 2016 (+5% rispetto al 2015), anche se il Paese rimane in ritardo rispetto all’obiettivo fissato per il 2012 (65%).
Tra le tipologie più raccolte, l'umido è la frazione maggiore (41,2% della raccolta differenziata) ed è quella che cresce di più (+7,3%) rispetto all’anno precedente, assieme al vetro (+6%) e ai Raee, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (+5,3%). Nel 2016 si rilevano 15 discariche in meno rispetto all’anno precedente. Uno studio dell’Ispra condotto su un campione di comuni che applicano il sistema di tariffazione puntuale, cosiddetto Pay-As-You-Throw, mostra che, in generale, il costo totale medio pro capite a carico del cittadino è inferiore rispetto ai comuni a Tari normalizzata.
Sono alcuni dei dati contenuti nella XIX edizione del Rapporto Rifiuti urbani dell’ISPRA, report che ogni anno fornisce il quadro dettagliato e aggiornato sulla produzione, raccolta differenziata, gestione dei rifiuti urbani a livello nazionale, regionale e provinciale nonché degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, e dell'import/export.
Quanti rifiuti urbani produciamo in Italia?
La produzione nazionale si attesta a 30,1 milioni di tonnellate, con un aumento rispetto al 2015 del 2%, pari a 590 mila tonnellate circa, in controtendenza rispetto alla progressiva diminuzione registrata nel quinquennio 2011/2015. Tale dato è stato ricavato con un approccio metodologico differente rispetto a quello utilizzato da ISPRA per la costruzione della serie storica dei dati sino all’anno 2015. Alcune modifiche alla contabilizzazione dei dati sulla produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani sono state, infatti, introdotte dal decreto ministeriale del 26 maggio 2016 contenente “Linee guida per il calcolo della percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani” Anche utilizzando la precedente metodologia, la produzione dei rifiuti urbani avrebbe registrato un aumento, sebbene in più contenuto, pari allo 0,8%.
La crescita della produzione dei rifiuti urbani è in linea con l’andamento degli indicatori soci-economici, sia nella spesa per consumi finali (+1,5%) sia del prodotto interno lordo (tra +1,7% e +0,9%). Non si assiste dunque ad alcuna dissociazione.
Nel dettaglio, il nord Italia, che in valore assoluto produce quasi 14,2 milioni di tonnellate, mostra il maggiore aumento percentuale (+3,2%), mentre al Centro con 6,6 milioni di tonnellate e al Sud con circa 9,4 milioni di tonnellate, gli incrementi sono più contenuti (+0,9 e +1,1% rispettivamente).
Le regioni che segnano i maggiori aumenti nella produzione dei rifiuti urbani sono il Veneto (+9%) e il Trentino Alto Adige (+4,5%), mentre solo per tre regioni si registra un calo: Liguria, -3,1%, Molise e Calabria, -1,2% per entrambe. Analogamente ai precedenti anni, i maggiori valori di produzione pro capite, che tengono conto della produzione di rifiuti in rapporto alla popolazione residente, si rilevano per l’Emilia Romagna con 653 kg pro capite nel 2016, seguita dalla Toscana, 616 kg pro capite, a fronte di una media nazionale di 497 kg pro capite. A livello provinciale, è sempre Reggio Emilia la provincia con il più alto valore di produzione pro capite (749 kg per abitante per anno), seguita da Rimini (740 kg). Seguono Ravenna, Forlì-Cesena, Piacenza, Ferrara, Prato, Livorno e Olbia-Tempio Pausania, tutte con produzione pro capite superiore a 650 kg per abitante per anno.
Recupero, trattamento, incenerimento, discarica, import/export dei rifiuti urbani nel 2016
Diminuiscono i rifiuti smaltiti in discarica nel 2016 (-5% rispetto a 2015), una riduzione sulla quale incide il dato del Nord (-13%). In Italia sono 134 discariche che hanno ricevuto rifiuti provenienti dal circuito urbano, 15 in meno rispetto al 2015. In via generale va rilevato che non tutte le regioni sono dotate delle necessarie infrastrutture di trattamento dei rifiuti, ed in maniera particolare di quelle deputate al riciclo delle frazioni merceologiche raccolte in maniera differenziata. La scarsa dotazione impiantistica fa sì che in molti contesti territoriali si assista ad un trasferimento dei rifiuti raccolti o sottoposti a trattamento meccanico biologico in altre regioni o all’estero dove la capacità di trattamento risulta superiore rispetto ai fabbisogni.
L'export dei rifiuti è il doppio rispetto all’import. I rifiuti del circuito urbano esportati, sono oltre 433 mila tonnellate. L’Austria e l’Ungheria sono i Paesi verso i quali esportiamo le maggiori quantità di rifiuti urbani, rispettivamente il 35,1% e il 22,7% del totale esportato. Sono circa 208 mila tonnellate i rifiuti del circuito urbano importati nel 2016. Il maggior quantitativo proviene dalla Svizzera, con oltre 76 mila tonnellate, corrispondente al 36,6% del totale importato; seguono la Francia con il 18,6% e la Germania con il 12,8%. Circa la metà dei rifiuti provenienti dalla Svizzera, costituiti prevalentemente da rifiuti di imballaggio in vetro, sono destinati ad impianti di recupero e lavorazione del vetro situati perlopiù in Lombardia.
Il costo dei rifiuti nel 2016
L'analisi economica condotta sui dati contenuti nei piani finanziari comunali pervenuti all’ISPRA, relativi all’anno 2016 e riferiti a 734 comuni, mostra che, a livello nazionale, il costo totale medio pro capite annuo è pari a 218,31 euro/abitante (+ 0,6% rispetto al 2015), mentre il costo totale medio per kg di rifiuto, è 39,03 centesimi di euro (+1,2% rispetto al 2015).
L'analisi per classi di popolazione residente, sia relativa ai costi pro capite annui che ai costi specifici per kg di rifiuto, evidenzia un aumento generale dei costi di gestione, sia dei rifiuti indifferenziati che differenziati, passando dalle classi demografiche più basse a quelle più alte.
Lo studio condotto da Ispra sui 223 comuni che applicano il regime di Tariffazione puntuale denominato Pay-As-You-Throw ha mostrato che, in generale, i comuni con questo tipo di tariffazione presentano un costo totale medio pro-capite inferiore a quelli che utilizzano la Tari normalizzata. A Trento, ad esempio, si registra nel 2016 il costo pro capite più basso fra le città capoluogo di regione, attestandosi a 152,86 €/abitante per anno, con un livello di raccolta differenziata pari al 78,9%.