Rifiuti tessili, circa un milione di tonnellate annue da gestire
Il settore è pronto a investire, ma si attende il Decreto EPR per sbloccare il potenziale di riutilizzo e riciclo. Le aziende sono già al lavoro sapendo che i volumi differenziati aumenteranno notevolmente.
Si è concluso con un richiamo all'azione istituzionale il convegno “La transizione circolare del tessile made in Italy”, organizzato da SAFE, hub italiano dei consorzi per le economie circolari, insieme ai Consorzi Retex.Green e Re.Crea, nella cornice di Ecomondo, evento di riferimento in Europa per la transizione ecologica e la green economy, che ha visto la partecipazione dei principali attori della filiera. Il settore tessile-moda italiano, che nel 2022 ha fatturato 96,6 miliardi di euro con 50.000 imprese e oltre 400.000 addetti, punta con decisione sull'economia circolare. Tuttavia, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi ambientali, chiede regole chiare per gestire i rifiuti tessili, che in Italia potrebbero ammontare a circa 1 milione di tonnellate annue. A partire dall’introduzione del Decreto sulla Responsabilità Estesa del Produttore (EPR) che consentirebbe ai produttori di organizzare anche la gestione del post-consumo, portando alla massima scala i sistemi di riciclo.
I numeri del settore sono imponenti: nel 2022 il tessile-moda italiano ha esportato per 80 miliardi di euro, rappresentando il 40% della produzione tessile europea. Ma il settore è consapevole anche del grande impatto ambientale della propria produzione e vuole garantire una gestione più sostenibile dei rifiuti: secondo l'ISPRA, in Italia si producono ogni anno circa 14 kg pro capite di rifiuti tessili urbani.
Interessanti le prospettive per le fibre riciclate, come illustra Pietro Luppi, esperto di economia circolare tessile, nella sua “Guida al recupero dei rifiuti tessili”, realizzata insieme a SAFE, dove fornisce un'analisi approfondita dei mercati emergenti per le fibre riciclate. “Oltre al riciclaggio fiber to fiber, che presenta tecnologie e processi consolidati ma filiere poco strutturate, stanno prendendo piede una molteplicità di nuove opzioni, anche al di fuori del settore tessile-moda. L’automotive, per esempio, rappresenta una delle frontiere più promettenti per l'utilizzo di fibre tessili riciclate, ma crescono anche, a forte ritmo, le applicazioni nel settore edile, l'impiego di fibre tessili riciclate per l’isolamento termico e acustico, e il geotessile”.
“La grande disponibilità di materiali riciclati data dagli obiettivi dell’EPR”, aggiunge Luppi “si integrerà con la necessità di garantire contenuto riciclato nei prodotti, data dal nuovo regolamento sull’ecodesign. Oggi il recupero dei rifiuti tessili, in particolare quelli post-consumo, si regge su aspettative di riutilizzabilità che si assestano attorno al 50% del raccolto, ma quando i volumi aumenteranno sarà di meno il riutilizzabile e crescerà moltissimo il riciclabile, determinando una vera rivoluzione nei punti di equilibrio economici delle filiere”.
Sul fronte tecnologico, le sfide non mancano. “Stiamo sviluppando sistemi innovativi di riconoscimento automatico delle fibre post-industriali", ha spiegato Massimiliano Marin, responsabile tessile di SAFE. “Collaboriamo con aziende italiane ed estere attive nel settore del riuso con canali second hand italiani ed esteri. Abbiamo, inoltre, creato un sistema di operatori del riciclo di fibre naturali e sintetiche. Ma ci sono ancora criticità tecniche da superare, come la gestione dei tessuti con più di due fibre o con elevate percentuali di elastomeri”.
Guardando al futuro, il settore è in attesa dell'imminente introduzione del regime EPR a livello europeo. Gli imprenditori si sono posti l'obiettivo di preservare i tessili post-consumo e la materia prima tessile, minimizzandone lo smaltimento e favorendone la circolarità. Tutto questo si traduce in forti investimenti che gli imprenditori sono pronti a sostenere.
“Ora tutto si gioca sugli atti delegati che la Commissione Europea dovrà redigere”, ha avvertito Mauro Chezzi, vicedirettore di Sistema Moda Italia e referente associativo consorzio Retex.Green. "Nel dialogo con la Commissione puntiamo a ottenere prescrizioni in grado di valorizzare il kow how della filiera e il ruolo propulsivo dei produttori nella trasformazione sostenibile”.
“La circolarità è il futuro del nostro settore e rappresenta un'opportunità per differenziare il Made in Italy, ma è fondamentale che la normativa di riferimento sia in linea con le esigenze del mercato e che ci sia un dialogo costante per affrontare insieme queste sfide”, si aggiunge Roberto Tognoli, direttore del consorzio Re.Crea, nato da un paio d’anni per volontà di imprenditori aderenti a Camera Nazionale della Moda Italiana.
“Seguendo la normativa europea che sta per essere finalizzata, occorre che le imprese del Made in Italy continuino ad utilizzare materie prime di alta qualità che garantiscano la durabilità dei capi”, puntualizza Tognoli.
In attesa delle nuove norme, il settore si sta già muovendo. “Abbiamo messo sotto controllo la filiera creando una rete di trasportatori, punti di stoccaggio e impianti di trattamento capace di gestire le operazioni di raccolta e recupero in tutta Italia”, ha spiegato Giuliano Maddalena, CEO di SAFE. “Ma per fare il salto di qualità serve il quadro normativo adeguato”.
La palla passa ora al legislatore: il decreto EPR, atteso da mesi, potrebbe finalmente sbloccare gli investimenti e trasformare una sfida ambientale in un'opportunità di innovazione per il Made in Italy, aprendo nuove prospettive per aumentare i tassi di riciclo complessivi del settore tessile nei prossimi anni.